PROLOGO: In un angolo buio
nella mente di John Jameson
Era successo in fretta, troppo
in fretta perché lui potesse reagire. L’attacco lo aveva raggiunto nei più
profondi recessi della sua mente, quasi mandandolo in cortocircuito. In un
ultimo, disperato atto di volontà, John era riuscito ad alzare una barriera, ma
sapeva che in questo momento il suo corpo era inerte.
“Hai paura di mostrarti?”
chiese la sua proiezione mentale, rivolta all’ignoto aggressore. “Coraggio, se
hai avuto il coraggio di attaccarmi, non avrai certo…”
“Paura?” lo interruppe la
nuova voce mentale. Una voce che portava con sé emozioni crudeli -cattiveria, cupidigia,
arroganza, orgoglio al suo più nero estremo. “Ti prego, quello è davvero l’ultimo dei miei problemi, Johnny bello!”
E fu la luce, sotto forma di
una stella ad otto punte, un astro che bruciava di una luce fredda.
“Chi sei?” chiese John.
“Diciamo che sono un tuo
ammiratore, lupetto. E scusami per avere bussato un po’ troppo forte alla tua
testolina pelosa: ti credevo più tosto.”
“Un…ammiratore?”
“Eggià. Sai, sto giustappunto
cercando un socio in affari, e tu, con quella tua bella gemma, potresti essermi
davvero utile.”
“Mettiti in fila, straniero:
sono in tanti, a volere la Godstone.”
La voce mentale rise di
un’allegria sinistra. “Lo so, Johnnino, lo so. E stai tranquillo: non ho voglia
di fare a cazzotti con te, per
prenderla. Ti garantisco che sarai tu
a fare il lavoro per me. Presto, molto presto…”
“Perché mi stai avvertendo?
Credi che non starò in guardia?!”
La luce della stella crebbe,
crebbe sempre di più, fino a riempire completamente la visuale di John. La voce
dell’altro echeggiava con la forza di un tuono. “Tu starai in guardia, e alla
fine perderai, Stargod. E nella tua sconfitta conoscerai un’umiliazione che ti
discrediterà per sempre di fronte ai tuoi cari fedeli. Io non sono solo
migliore di te, uomo-lupo. Io sono cattivo,
troppo cattivo per te!”
Poi la luce fu ovunque…
MARVELIT presenta
KNIGHTS TEAM 7
Episodio 25 - Il Regno Sotterraneo di Mur-Argoran!
…E John Jameson aprì gli
occhi. “Oddio…” brontolò l’uomo-lupo
dalla bianca pelliccia, avvertendo una fitta di dolore alle tempie. Vi portò
una mano, mentre due paia di forti braccia lo aiutavano a rimettersi in piedi.
“Garth? Gorjoon?”
Alla sua sinistra stava un uomo
alto e robusto, dai capelli biondi e quel bel volto del barbaro gentile. “Aye,
Stargod. Siamo felici che tu stia bene.”
Si trovavano tutti ancora
sulla cima del grande tempio di Stargod che era il cuore della città che si
ergeva sulle acque dell’arcipelago di Mournhelm.
“Sei stato svenuto solo per pochi
minuti,” disse l’uomo un po’ più basso e tarchiato alla sua destra, con il
volto mezzo coperto da una folta barba nero-rossiccia. “Ma ci hai fatto prendere
un bello spavento, musozannuto.”
Poi, un altro paio di braccia
lo avvolsero in un abbraccio che quasi gli tolse il fiato. Le braccia di un
drago azzurro dalle forme antropomorfe. “John! Stai bene!” la creatura quasi si
mise a cinguettare, mentre gli leccava il collo con una lingua serpentina. Il
solletico scosse il dio lupino dalla sua ‘trance’. “Abbiamo un problema…” fece
per dire, ma un’altra figura lo interruppe: un uomo anziano, dai capelli corti
e perfettamente bianchi come i suoi baffi. Le sue mani erano state amputate
all’altezza dei polsi, e i moncherini erano coperti da capsule d’argento.
“Sì, Stargod,” lo interruppe
il mistico Lambert. “I tuoi Cavalieri sono caduti.”
“Cosa..?”
“È successo proprio un attimo
dopo la tua perdita di conoscenza: un nuovo nemico è intervenuto a seguito
della sconfitta della traditrice Sashiel.” Esitò per un momento, poi il suo
volto si fece cupo. “È Selena Tyrk,
la figlia del maligno Arisen.”
Per un momento, John cercò di
associare la voce dell’’altro’ nella sua mente al nome appena udito… No,
l’altro’ aveva parlato di sé al maschile… E se era stato ‘lui’ a sconfiggere i
suoi alleati, non lo avrebbe certo tenuto nascosto…
“Cosa ne è stato dei miei
Cavalieri?” chiese Stargod, già temendo il peggio…
“Sono ancora vivi, secondo i
testimoni. Tyrk li ha portati via.”
Appunto! Lui aveva avuto il
dispiacere di incontrare nuovamente Arisen durante il suo viaggio nel Limbo[i], e quel maniaco,
che già aveva dominato su Altro Regno una volta, aveva dimostrato una certa
abilità nella tortura… Muoversi in
fretta era più importante che mai, ora…
L’uomo-lupo aprì un canale
mentale, allo stesso tempo condividendolo con gli i suoi amici. Cercò di
chiamare Diablo, ma non ebbe risposta. <Seminatore
di Morte, mi senti?> Ah, le abitudini! Su Altro Regno, Microverso, l’importanza delle identità segrete era
pressoché nulla, eppure lui usava con gli altri i nomi in codice come se ancora
stesse lavorando per i Vendicatori…
La voce mentale femminile di
Mary Elizabeth Sterling rispose immediatamente. <Ti sento, Stargod.>
<Cosa è successo, dove
siete?>
<Un attacco di sorpresa.
Agron, Diablo, Grigar ed Avatar sono stati catturati. Io mi sono sfasata appena
in tempo.>
<Come ha fatto a catturarli
in così breve tempo? Magia?>
<Tecnologia. Alta
tecnologia, più avanzata di quella che il popolo di Azunbulxibar si era portata dietro. La stessa tecnologia che sta
schermando i pensieri degli altri a te.>
Una sola parola venne alla
mente di John, a cui scappò un ringhio. <I Tok!> Quella maledetta specie aliena di rettiliani decisi a fare
di Altro Regno la loro colonia e loro dispensa.
<No, purtroppo.
Raggiungetemi, e vedrai cosa intendo dire. Presto.> E chiuse il contatto.
“Devo andare,” disse Stargod
agli altri con urgenza. “Max, cora*” fu interrotto da una mano posata sulla sua
spalla.
Era quella di Gorjoon, che sorrise
in quel suo modo saccente. “Tu sarai il nostro Dio, ma sei anche a corto di
appoggio in questo momento. O credevi di metterci da parte anche questa volta?”
“…” e mentre lui esitava,
Garth e la bella Duna dai capelli violetti, e Lambert, si fecero avanti. La
donna disse, “Combattemmo insieme la prima guerra contro Tyrk, e combatteremo
anche questa volta.”
In realtà, niente gli avrebbe
impedito di teleportarsi via insieme a Max e lasciarli dov’erano perché non
corressero inutili rischi… Ma, come gli aveva detto il drago Wasya[ii], lui
non doveva importare i propri costumi in questo mondo. Avrebbe recato una grave
offesa ai suoi amici, facendoli sentire inutili in questa occasione… “Avrete
bisogno delle vostre armi.”
Ad un cenno del dio, una lunga
staffa, dalle estremità ovali, apparve nelle mani di Gorjoon. La sua superficie
era costellata di gemme. Garth fu dotato di una spada la cui lama era percorsa
di zigrinature a lisca di pesce, e uno scudo. Dal bordo affilatissimo, con una
testa di lupo ringhiante incisa sulla superficie. La piccola ascia che
sostituiva la mano destra di Duna divenne una lunga lama a ‘L’ scintillante di energia.
Ma il vero miracolo furono le mani metalliche che apparvero al posto
delle capsule di Lambert! Arti perfetti, morbide e lisce come la carne. Tutti,
il mago per primo, le ammirarono con reverenza, in silenzio, come se potessero
svanire se avessero aperto bocca.
“So che sei un buon mago, Lambert,
e che non mi avresti mai chiesto un simile favore…ma ho bisogno di te in piena
forma contro Tyrk. Le altre armi sono state potenziate, come potete vedere: la
strega avrà una bella sorpresa.”
Se
ci fosse stato il tempo, il quartetto si sarebbe profuso in un elaborato
ringraziamento, ma ora poterono solo annuire, mentre scomparivano in un bagliore
di teletrasporto…
Il Seminatore di Morte, tetra
figura avvolta in un elegante completo blu così scuro da sembrare nero, il
tutto racchiuso da un ampio mantello dello stesso colore, con l’alto colletto
che quasi toccava il cappellaccio pure blu, facendo del volto una zona d’ombra
in cui fluttuavano due sinistri occhi gialli, stava in piedi in un’area rocciosa,
senza un filo di vegetazione.
Quando il bagliore di
teletrasporto si manifestò alle sue spalle, senza voltarsi, disse, con una voce
calma ed agghiacciante, “Benvenuti.”
Max riassunse il suo aspetto
naturale, quello di un dragone dei cieli di 25 metri di lunghezza, e rimase
indietro mentre gli altri si avvicinavano al Seminatore.
“Allora?” chiese Stargod.
“Dove siamo…Oh.” Si fermò istintivamente.
Davanti a loro, si parava uno
spaventoso canyon, una cicatrice così
vasta da sminuire il Valles Marineris
di Marte! Si estendeva a perdita d’occhio nell’entroterra e fino all’oceano. Distrattamente,
John si chiese come mai l’acqua non fosse arrivata fino a lì…
Eoni prima, Altro Regno, un
pianeta di tipo terrestre grande poco più della Terra, fu colpito da un asteroide. L’impatto generò abbastanza
materiale da permettere la nascita delle due piccole lune che oggi brillavano
nel cielo, oltre all’anello di ‘montagne volanti’ che recentemente Stargod
aveva rimosso durante una battaglia con i tok[iii].
Una porzione del megacontinente di Altro Regno scomparve per sempre, per
formare l’arcipelago ad anello di Mournhelm, centro di una raggiera di crepacci
come quello che Stargod stava ora contemplando.
“Avatar ha lanciato un segnale da quest’area, prima che venisse
interrotto. Dal crepaccio, per la precisione.”
Stargod si avvicinò al bordo.
Era abituato a tanti prodigi, ma una cosa semplice ed immane come quel baratro lo
lasciò senza fiato. La luce non arrivava fino in fondo, era davvero come nel
proverbio di Nietzsche, ‘Se guardi
nell’abisso, l’abisso ti restituirà lo sguardo’.
“Allora le leggende dicevano
il vero,” disse un pensoso Lambert, accarezzandosi il pizzetto. Tutti si
voltarono a guardare verso di lui, ma il mago era perso nelle proprie
riflessioni, parlava a sé stesso. “Nella sua Prima Era, Altro Regno era
dominato da una civiltà molto avanzata, i cui progressi tecnologici avevano
raggiunto livelli impensabili…e così la loro arroganza e sete di potere Lunghe
guerre imperversavano, e il sangue scorreva a fiumi.
“L’asteroide pose fine a tutto
questo, e di quel poco che sopravvisse, noi decani ci tramandiamo la conoscenza.
Ma si parla anche di una civiltà sopravvissuta alla catastrofe, che si è
rifugiata nel sottosuolo mentre la furia degli elementi rendeva il mondo di
superficie inabitabile.
“Quando quella civiltà si fu
ripresa dalla catastrofe, Altro Regno era dominato dai draghi, i primi
prediletti di Antesys, e la Godstone vigilava sulla pace. Il resto, Stargod, lo
conosci.”
L’uomo-lupo
in armatura annuì, poi sospirò. “Un altro nemico assetato del trono. Deve
essere una specie di cooperativa.” E guardo di nuovo verso il basso…
Giù, giù, a dieci chilometri di
profondità, in prossimità del mantello dal quale traeva le proprie energie e
risorse, stava l’ultima eredità della prima era di Altro Regno: una città.
Estesa come Los Angeles, illuminata e riscaldata da un sole artificiale. I suoi
edifici erano un armonioso e bizzarro insieme di asettico futuro e di antico barocco.
La città possedeva una
struttura semisferica, in cima alla quale troneggiava un grande castello.
Nella sala a lei riservata, la
donna di nome Selena Tyrk, vestita di un’armatura azzurra simile a quella che
aveva indossato il suo defunto padre, bevve soddisfatta un bicchiere di un liquido
rosso e scuro…
“Immagino che milady sia
soddisfatta dei suoi…ospiti,” disse una voce dietro di lei.
Si voltò, per incontrare la
figura del signore di quel regno sotterraneo: un uomo longilineo, dal fisico
armonioso, ed alto: non meno di due metri, con una folta capigliatura bionda
che gli arrivava fino alle scapole. Il suo volto era delicato, un Tiziano pallido
con due occhi azzurri come l’oceano e labbra sottili. Indossava un abito
bianco, simile ad un’uniforme, con le maniche della camicia a sbuffo, e le
caviglie coperte da calzini aderentissimi. Una banda oro e cobalto andava dalle
spalle alla vita, e un ampio mantello cobalto era legato da due medaglie rappresentanti
un sole stilizzato. La sua stessa voce poteva essere tanto femminile quanto
maschile.
Tyrk si alzò in piedi. “Quello
di nome Rennsaeler è un pavido, dopo i primi cinque minuti ha smesso di
divertirmi… In compenso, il suo fluido vitale è ancora molto ricco. Un sorso?”
ed indicò la brocca di cristallo piena a metà del suo ‘drink’, il cui odore ramato
riempiva in modo nauseante l’aria…
Il Signore di Mur-Argoran
sorrise. “Ti ringrazio, ma declino. Prediligiamo il sangue di drago, così come
immagino quello di lupo sia il tuo preferito.”
Il
sorriso di lei si inacidì per un istante. Bevve velocemente un altro sorso di
sangue umano, e disse, “Non dovrò attendere molto, spero. Ho lasciato vivi
quelli che potevo uccidere solo perché so che Stargod e il suo amichetto
verranno a prenderli.” Di nuovo quel sinistro buonumore le tornò sulle labbra
insanguinate. Se le leccò come ad un pensiero sensuale. “Ma dovrà fare presto:
non credo che il mio ‘donatore’ potrà vivere a lungo, alla sua età, con quello
che gli ho preso…”
“Affascinante, davvero
affascinante. Per quanto la magia imperi su Altro Regno, mai si è vista una
creatura come te.”
Il signore di Mur-Argoran
aveva un fratello, un gemello tanto scuro nei propri tratti quanto lui era
chiaro. Era alto appena uno e novanta, e i suoi capelli neri evidenziavano il
pallore della sua pelle. I suoi occhi erano due pezzi di ossidiana, e
riflettevano apertamente il potente fuoco interiore che correva nella famiglia.
La sua uniforme era nera, con un mantello sanguigno.
Gli occhi del prigioniero, il
demoniaco Grigar del Popolo Felino, sostennero fieramente lo sguardo del suo
persecutore. “Se mi liberi di queste catene, ti farò capire molto bene le tue parole, umano!”
L’ex-Balkatar tese le catene che lo tenevano imprigionato al muro, ma di nuovo
non servì a niente.
“Non sarei mai così stupido,
demone,” disse il nero viceré ctonico. “Perciò, in attesa di…lavorare sul tuo
corpo, ti prego, approfitta dei pochi momenti che ti rimangono per riposare. Dubito
che ti sarà permesso, dopo.” E dicendo ciò, appoggiò una mano guantata di nero
al cranio del felino. Una scarica neurale
fece ruggire Grigar di dolore per un buon minuto, prima che l’intero suo corpo
si accasciasse.
Il
viceré uscì dalla stanza. “Ed ora, vediamo di capire come funziona quel
meraviglioso essere artificiale che chiamano Avatar*” fu interrotto da un
fenomeno che non si manifestava laggiù da tempo immemorabile: un terremoto. Durò pochi istanti, ma fu
abbastanza intenso che quasi lui cadde a terra. Le luci tremolarono, e gli
allarmi si misero a suonare subito dopo.
“Ma che cosa..?” fece il re, guardando verso l’alto. “Era un’esplosione! Ma come ci sono riusciti? Le
nostre difese…”
Selena si mise seduta,
tranquilla. “Non possono nulla contro il potere di Stargod, quando si infuria.
Adesso vedremo se saprete essere all’altezza delle vostre chiacchiere,
signori.”
“Cosa..?” lui la fissò con
un’espressione a metà fra lo stupore e l’ira.
“L’unico
modo per battere un dio è un altro dio. Credo che farete meglio a pregare il
vostro ‘Signore’ di intervenire, o capirete di prima mano perché i tok le hanno
prese da Stargod.”
Le nuvole plumbee si
dissiparono lentamente, ancora percorse dai fuochi dei fulmini…
…I cui residui danzavano sul
corpo di Max. Il dragone si librava sul canyon, affiancato da Stargod, i cui
occhi ancora brillavano di energia.
“Questo dovrebbe aprirci la
strada,” disse il dio. Dietro di lui, i suoi quattro originali cavalieri,
chiusi in una sfera, osservarono chi verso il basso chi il dio ed il suo
compagno, che avevano appena unito la potenza di una tempesta e della Godstone
e l’avevano scagliata verso il basso come un’unica lancia.
John salì sulla schiena del
drago, proprio all’attaccatura del collo con le spalle. Subito dopo, toccò ai
quattro guerrieri di trovarsi seduti in groppa alla bestia. Stargod sfoderò un
sorriso pieno di zanne. “Signori, si va!”
“Uh, John,” tentò Gorjoon. “Ti
ricordi che ho sempre odiato volareEEEE!!” La sua voce assunse un tono da
ragazzina appena Max, le ali ripiegate come un falco, si gettò in basso!
In pochi istanti, la luce si
ridusse ad una flebile fessura. La temperatura era piombata ai livelli di una
notte gelida…e presto, il gruppo incontrò un banco di... “Nuvole?” fece Garth?
“Nebbia,” rispose Stargod,
affascinato a sua volta. Era come guardare in un immenso fiume, perlaceo e
liquido, ingannevolmente placido… “Max, tutti quanti: state pronti, avremo una
calda accoglienza!”
La sua intuizione si rivelò
esatta: Max era appena entrato nella nebbia, che una pioggia di colpi di plasma
lo aggredì da tutti i lati...
…Anche se non uno arrivò a
segno, infrangendosi invece contro la barriera eretta da Stargod! Max avrebbe
potuto benissimo proteggersi da solo, ma il suo potere dipendeva dall’energia
solare, e laggiù era un’opzione decisamente fuori questione…
Max proseguì la sua picchiata,
mentre le pareti si restringevano sempre di più…
Poi Stargod la vide: una
breccia ancora fumante nella roccia, il varco che avevano appena aperto! Era
grande abbastanza per il drago.
E furono dentro, sotto il
cielo di pietra di Mur-Argoran!
“Per la miseria,” fece
Gorjoon. A Lambert luccicavano gli occhi. “Le leggende dicevano il vero…”
Max stava volando verso la
fortezza in cima alla città. John si rese conto di non avere assolutamente un
piano per questa contingenza! Si concentrò, sperando che quaggiù gli schermi
mentali che gli impedivano di trovare i suoi compagni non fossero presenti…
Ma fu deluso subito dopo. Era
come cercare di concentrarsi in un mare di rumore bianco.
Questo è ridicolo! Ho appena dato uno sfoggio di potere ben superiore
di un semplice contatto telepatico! E
con questo pensiero nella mente, attinse al potere della Godstone che brillava
alla sua gola…
Fu uno choc, in un certo
senso: improvvisamente, si trovò in piedi in una stanza buia e fredda, piccola,
senza finestre.
E davanti a lui, appeso per i
polsi e le caviglie ad un muro, c’era Diablo. <Estaban..?> fece Stargod,
alla vista del suo insolito compagno d’arme, con una pietà che non credeva
avrebbe provato per lui.
Il maestro alchimista era
davvero conciato di brutto: era stato completamente spogliato. Capelli, baffi e
pizzetto erano stati rasati a sangue. Rivoli di sangue colavano dalla bocca, e
anche se la bocca era chiusa, si poteva intuire sul volto magro ed affilato la
mancanza dei denti. Le unghie delle mani e dei piedi erano state strappate via.
“E chi altri..?” fece Diablo,
biascicando le parole. Sollevò gli occhi ancora accesi di rabbia. “Ce ne hai
messo, lupo.”
Era chiaro cosa avevano fatto:
gli avevano tolto tutte le pozioni, da qualunque posto potesse nasconderle.
L’alchimista era inerte. <Perché non ti hanno ucciso?> chiese la
proiezione di Stargod.
“La stele…vogliono usarla per
uscire da qui.” Si riferiva alla Stele di Thellhy’Ed, lo stesso strumento
arcano che aveva portato i cinque cavalieri di Stargod dalla Terra ad Altro
Regno. “E vogliono che li…aiuti…” E, in effetti, lui era il solo che potesse
leggere gli incantesimi runici. “Vai da Rennsaeler… Presto…”
Con un altro atto di volontà,
la proiezione giunse alla cella del mutante. E lì, Stargod si raggelò.
Richard Rennsaeler era inerte,
di un pallore mortale…e dei profondi tagli attraversavano i polsi. Rivoli di
sangue secco correvano lungo le braccia e da lì lungo il resto del corpo,
trasformando il poveretto in una specie di moderno tragico Cristo.
John non esitò: concentrò la
sua volontà per guarire quel pover’uomo, come aveva fatto con Max[iv]…
“Prevedibile, mio caro
nemico,” disse una voce femminile dietro di lui! Istintivamente, si voltò…e la
sua proiezione svanì in tanti frammenti sotto uno psi-colpo!
Selena
Tyrk, dalla soglia della cella, sorrise, la gemma azzurra sulla fronte ancora
accesa delle energie appena emanate. “E questo ti sistemerà per un po’: agli
altri ci penseranno i miei cari alleati…”
“YARGH!” Stargod si inarcò
all’indietro, reggendosi le tempie con forza! Avrebbe rischiato di cadere, se
non ci fosse stato Garth, lesto, a sorreggerlo.
“JOHN!” urlò Max, fermandosi.
“È svenuto,” disse il biondo
barbaro. “Come..?”
“Credo che dovremo
preoccuparci di ben altro,” disse Lambert, indicando uno sciame di velivoli
diretti dal castello verso di loro! “Max, erigi una barriera e continua a
volare verso il castello, o siamo persi!”.
Riluttante,
sapendo che il suo amato non avrebbe ordinato diversamente, il dragone riprese
a volare verso il suo obiettivo. I suoi occhi si accesero, e intorno al suo
corpo apparve una bolla crepitante di corrente.
Sullo schermo, il viceré di
Mur-Argoran osservava l’evolversi della situazione. E non sembrava affatto
preoccupato, mentre invano i minicaccia cercavano di infrangere la barriera di
Max.
“Così, bestia,” mormorò.
“Continua pure a sprecare energie. Continua a credere che il destino vi sia
favorevole…” si voltò, per tornare ad occuparsi dei suoi due trofei, adagiati
ognuno su un tavolo metallico: l’inerte Avatar, ed i resti dell’armatura di
Iron Monger, completamente disassemblata, i suoi circuiti sparsi intorno ai
pezzi anatomici.
“Interessante tecnologia,
primitiva nel design ma capace di ottima resa energetica,” commentò, rigirandosi
l’elmo fra le mani. “Niente che non possediamo già. In compenso, questa…”
osservò l’unico oggetto che davvero lo incuriosiva: una sfera metallica, del
diametro di venti centimetri, perfettamente liscia. Pesava circa trecento
chili, ma era interessante per ben altri motivi: tanto per cominciare, il
metallo che lo copriva era sconosciuto, una vera rarità. Era una specie di lega
resinosa dalle proprietà di robustezza eccezionali. Ed era avvolta in un complesso
‘guscio’ ad alta tecnologia, molto più alta di quella dell’armatura: smorzatori
di gravità/inerzia per dissimularne il peso e permetterne il trasporto senza
gravare sull’armatura. Dissimulatori sensoriali per nasconderli allo stesso
impianto diagnostico dell’armatura… E poi, perché? Ci sarebbe voluta una
temperatura eccezionale solo per fondere quel metallo, e l’armatura non poteva
materialmente produrre tutta quell’energia…
Ma se avesse potuto replicare
quella lega…
“Beh, pensiamo al nostro caro
ospite,” disse il Viceré, voltandosi verso Avatar. Gli psicoinibitori avevano
funzionato alla perfezione: il sintezoide era praticamente una bambola nelle
sue mani. Anche lui sarebbe stata un’aggiunta impagabile al loro esercito,
appena ne avesse decifrato i segreti…
“Temo che ciò non sarà
possibile,” disse una voce dietro di lui. Una voce sinistra, che toccò le corde
ancestrali del suo terrore. Il Viceré si voltò di scatto, per incontrare la
figura del Seminatore di Morte!
“Vi ringrazio per essere
caduti nella mia trappola,” disse l’intruso,
in piedi accanto alla sfera di metallo.
“Cosa..?”
Il Seminatore toccò la
sfera…ed essa scomparve. “Adesso ho fretta. Se mi vuole scusare... Agron, fai quello che devi.”
L’uomo vide il nero fantasma
scomparire in dissolvenza. In quel momento, il sintezoide si mise a sedere. E guardò
il Viceré dritto negli occhi!
Fecero contemporaneamente la
loro mossa: la maschera di Avatar si aprì, e un torrente di energia psionica,
cioè il ‘corpo’ di Agron, l’uomo del futuro, si riversò contro il suo nemico. E
l’altro eresse uno scudo davanti a sé.
Agron si infranse contro lo
scudo, ma il suo nemico fu comunque sbilanciato all’indietro.
“Niente male, alieno,” sorrise
l’uomo. “Ma Lord Norvak non è mai del
tutto impreparato!”
I
tentacoli di energia si mossero lungo il corpo di Avatar, distruggendo uno ad
uno gli inibitori psionici. Quindi, rientrò nel suo corpo solido. “Se è per
questo,” disse con una voce fredda e sinistra, “Neppure io.”
Il Seminatore apparve nella
cella di Richard. “Rennsaeler, mi senti?”
Il mutante aprì debolmente gli
occhi, scosso da quella voce. “S…Se…?”
Era peggio di quanto ci si
potesse aspettare: ormai tirava avanti solo con la forza di volontà, ma fra
poco neanche quella sarebbe bastata.
Il Seminatore di Morte si
chinò a terra, e vi depositò la sfera metallica, quindi la fasò. “Piano
Imperativo, Rennsaeler.” Da una tasca del suo panciotto estrasse un’ampolla
piena di un liquido luminescente dai colori azzurrini. “Sai cosa devi fare. Non
c’è altra scelta. E non ti preoccupare: onorerò la mia parte del patto, qualunque
cosa succeda.”
La mente di Richard
Rennsaeler, ex agente SHIELD, ex criminale col nome di Override, e tra poco ex
essere umano, andò a suo figlio, rimasto sulla Terra, in uno stato di autismo.
Almeno, lui avrebbe avuto qualcuno che si sarebbe occupato di lui…
“Sì…” mormorò il moribondo
Rennsaeler, mentre la sua mente si proiettava interamente su quella sfera di adamantio.
Il Seminatore di Morte ruppe
l’ampolla in due e il suo contenuto si riversò sulla sfera.
Mentre il cuore dell’uomo dava
il suo ultimo battito, la sfera sembrò ammorbidirsi di colpo, diventare
liquida. Poi, si espanse, mentre il metallo sotto il guscio di adamantio veniva
lavorato da un esercito di naniti, tutti a loro volta guidati sia dal software
preinstallato che dalla volontà di Richard Rennsaeler. Nascevano circuiti,
connessioni, interfacce di una tecnologia concepita dalla più efficiente delle
macchine viventi del mondo…
Nel corridoio, le truppe
reali, uomini e donne con indosso armature da battaglia e armati di enormi
fucili, non erano certo stati a dormire: al primo allarme lanciato dai sistemi
di rilevazione, si erano diretti in dieci a dare all’intruso nella cella
l’accoglienza che meritava…
Non erano arrivati neppure
alla porta, che un oggetto rotante arrivò loro addosso, troppo veloce per
scansarlo!
Con una macabra sequenza di
suoni bagnati, l’oggetto tagliò le teste di cinque guardie una dopo l’altra! I
loro corpi proseguirono erraticamente la loro corsa prima di cadere contro i
loro compagni inorriditi.
L’oggetto tornò indietro, e questa
volta i sopravvissuti riuscirono ad evitarlo. Si fermarono, in tempo per
vederlo terminare il suo volo…
…nella
mano di Grigar. Il felino, più in forma che mai, sorrise minaccioso. “E
vorreste farmi male con quelle?”
chiese, indicando le armi con gli occhi…poi, saltò, ruggendo, la sua ascia runica brandita e pronta a reclamare
altre vite…
La bocca di Max si spalancò, e
un mostruoso fulmine globulare ne emerse.
Il colpo fu diretto verso la
torre più alta del castello…ma finì con l’infrangersi contro una barriera!
“Inutile, stiamo solo perdendo
tempo,” disse Lambert, mentre completava un piccolo incantesimo su Stargod. I
minicaccia assediavano Max, la cui barriera, per ora, reggeva.
Finalmente, il dio-lupo aprì
gli occhi. “Sta diventando un’abitudine…”
“Ti senti pronto a
combattere?” chiese Garth, istintivamente sollevando un braccio a schermarsi
ogni volta che un colpo di plasma si infrangeva sulla barriera.
“A parte un mal di testa
assassino, direi di sì…” tentò di concentrarsi per comunicare con il Seminatore,
ma una fitta glielo impedì. Sospirò: poteva solo sperare che il piano della
Sterling funzionasse… Richard, ti prego, non morire!
In quel momento, i minicaccia
dallo scafo a freccia smisero di fare fuoco e si ritirarono!
“E adesso che gli prende?”
fece Gorjoon.
Ebbe la sua risposta quando un
fiore di fuoco eruttò da una delle pareti del castello.
Stargod
sorrise. “Credo che i loro ospiti stiano dando qualche problema. Lambert, cosa
pensi di potere fare con la barriera?”
“Re Darus, mio Signore! Non riusciamo a contenerli!”
Nella sala del trono, il
sovrano di Mur-Argoran e Selena Tyrk si scambiarono un’occhiata preoccupata:
niente stava andando per il verso giusto. I prigionieri avevano tirato fuori
risorse inaspettate, e ora stavano distruggendo il castello dall’interno!
“Donna maledetta!” Sibilò
Darus. “Avevi detto che uno di loro era quasi morto, vero? Be’, è quello che
sta facendo i danni peggiori; e sta arrivando qui!”
“E
tu cosa aspetti ad evocare il tuo
potente dio? Ti avevo avvertito che il tempismo era tutto, in questo piano!”
Una
nuova esplosione, più vicina, fece tremare le pareti. Darus iniziò a sudare
freddo. “I miei sacerdoti stanno terminando la preghiera…” Lo disse con un
leggero tono di panico.
Una lama di luce fendette
l’aria, ma fu arrestata, con una piccola pioggia di scintille, da un braccio
corazzato.
“Si direbbe che le tue
‘risorse’ non siano all’altezza del tuo vanto, Avatar,” ghignò Norvak, facendo
un passo indietro, due lame luminose che spuntavano dal dorso dei suoi polsi.
Era un ottimo guerriero,
Avatar doveva concederglielo: freddo e distaccato, non un’emozione attraversava
i suoi pensieri. La sua tecnologia era abbastanza compatta da trasformare il
suo elaborato abbigliamento in un arsenale a cui attingere a piene mani.
Il sintezoide stava per
portare un nuovo attacco, quando udì la voce del Seminatore. “Ritirati
immediatamente. Occorre proteggere Diablo, adesso.”
L’impassibile macchina non
disse nulla, ma, alterando la propria densità, scomparve nel pavimento.
Norvak
non sembrò prenderla male. “Tss, come se bastasse giocare a nascondino, per
nascondersi ai nostri sens… E ora che
c’è?” gli allarmi avevano assunto un nuovo tono, che lui riconobbe con
preoccupazione. “La barriera..?”
La bolla che avvolgeva la
città era ora visibile, un campo di forze tremolanti e percorse da archi
energetici. E sulla sua superficie si era aperto un varco, come una macchia di
olio sull’acqua…
“Più di questo non posso
fare,” disse Lambert, la fronte percorsa da sudore freddo, il volto concentrato,
le mani giunte nel rituale dell’incantesimo.
Stargod avrebbe voluto fare di
più, in quel frangente, ma ancora avvertiva un feroce mal di testa ogni volta
che cercava di attingere alla Godstone. Era come se l’assalto psichico di Tyrk
gli avesse chiuso degli interruttori mentali… Se solo fosse riuscito a
sbloccarli…
Max si gettò verso il varco.
Allo stesso tempo, raffiche di
energia furono sparate dal castello. Di nuovo, la resistenza del dragone fu
messa a dura prova…
…E, questa volta, fu vinta.
Due colpi dalle torrette perforarono la sua barriera! Uno passò pericolosamente
vicino al dorso dell’animale. Gorjoon imprecò. Lambert perse la concentrazione,
e la barriera si richiuse.
Max non ebbe bisogno di
farselo dire, di scendere immediatamente a terra, verso la città.
Il dragone atterrò in una
piazza. “Mi dispiace, non ho quasi più energie per una barriera, e non posso
esaurirle tutte per quella…”
Stargod ed i cavalieri scesero
a terra. “Non ti preoccupare, amore. Dimmi, questa luce artificiale ti basta
almeno per combattere?” All’assenso del dragone, l’uomo-lupo estrasse la sua
spada. “Scopriranno che non siamo affatto indifesi, a terra. Siete pronti?”
Se
avevano pensato che i nativi fossero spaventati da quella situazione, si erano
sbagliati di grosso: orde di soldati giunsero da ogni direzione, urlando,
pronti a combattere all’ultimo uomo!
“Mio signore, l’intruso è*” il
resto delle sue parole si spense nell’esplosione che disintegrò il soldato e
aprì uno squarcio nell’ingresso alla sala del trono.
Tyrk e Re Darus si trovarono a
fissare il loro più grosso problema: una creatura umanoide, il cui corpo
argenteo luccicava dei riflessi delle fiamme. Un corpo interamente fatto di
indistruttibile adamantio; la sua testa era dotata di due antenne al posto
delle orecchie, i suoi occhi triangolari brillavano dello stesso fuoco atomico
che ardeva nella bocca perennemente spalancata.
Il robot aveva il corpo di Ultron-12, ma quando parlò, indicando la
sua aguzzina, lo fece con la voce rabbiosa di Richard Rennsaeler. “Tu! Hai un’idea di quello che mi sei
costato, lurida puttana?!” dai suoi
occhi partì una raffica di energia. Tyrk fu investita in pieno, e fu sbalzata
all’indietro, contro un tavolo.
Ignorando Re Darus,
Ultron/Richard si avvicinò alla donna. L’armatura di lei era mezzo carbonizzata
all’altezza del torace. La prese per il collo e la sollevò con facilità. “Ho
perso la mia umanità, strega. E mi
assicurerò che più nessuno debba
soffrire quello che io ho sofferto!” Il suo pugno si caricò di energia, pronto
a sfondare il corpo di Tyrk…
Una raffica di energia lo
colpì alle spalle. E, impossibilmente, Ultron urlò. Lasciò andare la presa, e cadde a terra.
“L’invocazione è finita, il
Signore ha risposto,” disse Re Darus, la mano sinistra ancora sfavillante, un
sorriso di trionfo dipinto sul suo volto. Intorno al suo corpo, aleggiava
un’aura smeraldina, dalla forma di una testa di serpente dalla bocca
spalancata. “Ed ora che l’onnipotente Set
è di nuovo fra noi, questo mondo gli apparterrà come è giusto che sia!”